La definizione “scuola del futuro” è sempre più diffusa sulla bocca di tutti, ma cosa vuol dire? L’ambiguità del termine è sempre più difficile da sciogliere, infatti ciascuno ha un’aspettativa diversa da quella che dovrebbe essere una scuola nuova, che si occupi della formazione e del benessere dei ragazzi, senza però restare indietro con i tempi.

Per chiarirci le idee e scoprire quali sono le aspettative sul domani del mondo della scuola, abbiamo iniziato chiedendo a un campionario di 100 ragazzi dai 13 ai 18 anni di raccontarci cosa significa per loro “la scuola del futuro”. Ecco alcune delle risposte più interessanti:

“Una scuola adattabile per tutti i ragazzi”

“Niente compiti e stare tranquilli quando si va a scuola, e divertimento”

“Una scuola più tecnologica e con metodi di studio diversi”

“È una scuola che aiuta tutti noi ad essere pronti per il futuro”

“Per me la scuola del futuro è quella che oltre a insegnarti le materie di cultura ti insegna a vivere, a relazionarsi con le persone.”

“Una scuola che mi aiuti a rapportarmi anche con il mondo del lavoro”

“Una scuola del futuro è una scuola che insegna anche ad affrontare la vita: non solo in campo lavorativo, ma anche in campo morale, etico e spirituale”

“Una scuola che mi dia una versione diversa sul mio futuro che mi permetta di esprimere le mie capacità in modi alternativi”.

La prima cosa che salta all’occhio è come le risposte dei ragazzi manifestino il bisogno di assumere un ruolo più centrale nella scuola. I ragazzi, e le famiglie insieme a loro, non si sentono ascoltati né capiti. Non è un segreto che adesso, molto più di prima, i bisogni individuali e quelli speciali degli studenti siano finalmente emersi. Anche se la strada verso l’accettazione del diverso è sempre in salita, la valorizzazione del singolo e la normalizzazione delle situazioni atipiche dei ragazzi devono restare in cima alle priorità, così come un accesso più inclusivo ai contenuti. Tenere in conto i canali di apprendimento e fornire strumenti compensativi idonei alle necessità sono solo il primo passo verso una scuola del futuro più inclusiva.

Queste necessità vanno di pari passo con il bisogno trasversale di una scuola più tecnologica e innovativa, che tenga in conto della digitalizzazione dei contenuti e della passione dei più giovani, oltre che la destrezza nell’utilizzo dei media e di internet. Una rivoluzione della metodologia didattica che tenga conto delle nuove competenze, accanto a quelle già esistenti, per migliorare il processo di apprendimento. Resta l’eterno bisogno di intrattenimento oltre che di utilità, di passione e di coinvolgimento emotivo oltre che puramente mentale. Parte del peso mentale riguarda proprio i compiti a casa, uno strumento utile ma non sempre dosato adeguatamente. Troppi compiti a casa e alta competitività nell’ottenimento di buoni voti sono il motivo per cui l’Italia vanta studenti tra i più stressati d’Europa! Resta il bisogno di allentare il carico di stress che accompagna i nostri giovani nei primi 20 anni della loro vita e che non sembra volersi alleggerire con l’uscita dalla scuola superiore, sia che scelgano di continuare a studiare all’università, sia che mettano piede nel mondo del lavoro.

Infine, lo sguardo dei ragazzi è rivolto a quest’ultimo. Il mondo del lavoro affascina e spaventa i giovani. Non sanno se saranno preparati ad affrontarlo e cercano nella scuola quel supporto e quegli strumenti che al momento la scuola non gli offre. La scoperta di se stessi è un passaggio fondamentale della crescita dei nostri ragazzi. La scuola dovrebbe essere un luogo sicuro e stimolante, in cui scoprire se stessi diventa naturale e benefico; il domani diventerà così meno spaventoso. Parte di questo processo riguarda anche lo sviluppo di un sano rapporto interpersonale tra ragazzi e un dialogo aperto e comprensivo con i propri docenti. Ciascun discente si comprende allo stesso tempo come singolo individuo e come unità di un insieme più grande, costituito dalla classe e un domani dalla società.

Autore: Alessia Cullotta

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