Il benessere degli studenti, come singoli individui e come unità appartenenti a un contesto di classe, ha finalmente conquistato il posto sotto i riflettori che si meritava ormai da tempo. Con un rinnovato spirito di iniziativa e apertura verso una nuova tappa nell’evoluzione del concetto di “scuola” e di “didattica”, sempre più persone al di fuori dei professionisti del settore cercano di documentarsi e capire meglio il mondo dei propri figli e dei giovani, incontrando a volte terminologie settoriali non sempre chiare. È il momento di dedicare qualche minuto del nostro tempo per affrontare un paio tra le più ricorrenti: strategie didattiche e metodologie didattiche. 

Di cosa stiamo parlando?  Facciamo un passo indietro e vediamo le definizioni di partenza di “strategia” e “metodologia”, secondo l’Enciclopedia Treccani.

Strategia: La tecnica di individuare gli obiettivi generali di un’attività, nonché i modi e i mezzi più opportuni per raggiungerli.

Metodologia: lo studio del metodo su cui dev’essere fondata una determinata scienza o disciplina; il complesso dei fondamenti teorici o filosofici sui quali un metodo è costruito.

Inoltre, l’aggettivo “didattica” significa “che riguarda l’insegnamento”.

Proviamo a spiegare in parole semplici le definizioni appena viste, e  vedere di cosa si tratta in senso pratico.

In ordine procedurale la metodologia precede la strategia, vediamo come.

Con il termine “metodologie didattiche”, si intende sia lo studio di metodi della ricerca pedagogica, sia lo studio delle modalità dei processi di insegnamento/apprendimento. 

È in questa fase, precedente alla fase strategica, in cui vengono settati gli obiettivi formativi da raggiungere. È una fase più teorica, di studio e pianificazione, il cui scopo è continuare a scoprire nuovi modi di insegnare o di apprendere, per rinnovare continuamente il mondo della didattica.

Fanno parte di questa categoria metodologie come il cooperative learning, la peer education, la flipped classroom oppure la didattica laboratoriale. Il cooperative learning, per esempio, promuove i lavori di gruppo, con obiettivi comuni volti  all’apprendimento reciproco tra i ragazzi; oppure la peer education, una metodologia educativa che si basa sulla trasmissione delle conoscenze tra elementi dello stesso gruppo di lavoro; la flipped classroom, un sistema di apprendimento “invertito”, come indica il termine anglosassone, che spinge gli studenti stessi a documentarsi su un argomento senza il supporto di una vera e propria lezione frontale, trasformando l’apprendimento in un vero seminario live interattivo; infine l’innovativa, nonché rivoluzionaria, didattica laboratoriale, comprensiva di attività individuali e di gruppo, che veste la corona di strategia più student-oriented ed efficace.

Una figura importante diventa quindi quella dei docenti e degli educatori, coinvolti in prima persona nella scelta delle strategie, dell’uso pratico delle risorse, della preparazione e guida alle attività, senza perdere mai di vista l’individualità del singolo e la sua relazione con il gruppo classe.

Con il termine “strategie didattiche”, invece, si intende l’insieme di tecniche, scelte operative e l’impiego di risorse in un contesto pedagogico, sia dal punto di vista dell’insegnamento, che dell’apprendimento. 

È l’applicazione pratica dopo il processo di pianificazione degli obiettivi da raggiungere, ossia la scelta di quali strumenti e attività utilizzare per il conseguimento di tali obiettivi. Uno dei fattori principali nella scelta delle strategie didattiche sono i ragazzi stessi, che ricoprono un ruolo centrale nella realizzazione del piano didattico. Fanno parte di questa categoria strategie come il problem solving, i role play e il project based learning. 

Il problem solving, per esempio, ha come obiettivo la risoluzione dei problemi da un punto di vista mentale e operativo, applicato a specifiche materie o a livello interdisciplinare; oppure l’uso di role play in contesto didattico, cioè utilizzando scene di vita reale come spunto di riflessione per lo sviluppo di determinate skill; o ancora il project based learning, che punta a un apprendimento incentrato su attività di gruppo con consegne e obiettivi da raggiungere, contribuendo come singoli ma valutati come squadra.

L’uso sinergico di diverse strategie e metodologie di insegnamento e apprendimento sono la base su cui si fonda la scuola del futuro, nessuna delle due può escludere l’altra e la loro evoluzione di pari è lo step che fa la vera differenza tra la scuola di ieri e la scuola di domani, dove lo studente diventa punto cardinale delle rotte da seguire nel mondo della pedagogia.

Autore: Alessia Cullotta

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